venerdì 19 novembre 2010

Filosofia spicciola da pendolare.

Recentemente ascoltavo un guru buddista spiegare il senso della meditazione nella loro cultura. Hanno due principi alla base della loro filosofia: il primo principio è “live is beauty”, che possiamo tradurre con “la vita è bellezza”. La meditazione serve proprio per riscoprire dentro di sé questa bellezza. Il secondo principio è che nella vita ci possono essere problemi. Essi vanno sempre affrontati pensando che “la vita è bellezza”.
Il guru spiegava poi che utilizzando dei “mantra”, frasi o movimenti ripetuti continuamente in coordinazione con la respirazione, si può raggiungere più facilmente uno stato di relax che facilita la meditazione. Ci sono diversi mantra con diversi significati ed ognuno può scegliersi quello più adatto.
Questa mattina aspettando il treno riflettevo su quali potessero essere le profonde differenze tra la nostra cultura e quella orientale. Da assoluto ignorante di filosofia (ho sempre seguito studi tecnici), riflettevo sul fatto che noi siamo figli della cultura cristiana che trae le sue fondamenta dal Medioevo.
La nostra tradizione parte dal principio teologico “Dio è Amore”. L’amore non esiste se non c’è qualcuno che ama (per questo i cristiani hanno bisogno di un Dio Trino, che incarna sia l’amore, che l’amante, che l’amato ed è quindi “completo”). Ma chi ama, per essere felice deve mostrare e vivere il propro amore. Deve agire. Insomma la nostra cultura non è basata come quella orientale sulla “stasi contemplativa” che cerca di captare la bellezza dell’universo ma sull’”azione” di chi, amando, vuole cambiare il mondo per renderlo migliore.
Questa ovviamente è solo filosofia perchè è evidente che negli ultimi anni si è ribaltato tutto. La Cina, l’India, la Corea stanno cambiando se stessi ed il mondo intero mentre l’occidente, reso viziato da decenni di benessere, non è più capace di trasformarsi e migliorarsi.
Mentre sono assorto in tali elucubrazioni, sento gracchiare l’altoparlante della stazione. La gentile signorina, sentita già molte altre volte annuncia: “SI AVVISANO I GENTILI VIAGGIATORI CHE LA CORSA DELLE OTTO E UNDICI E’ SOPPRESSA. CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO. GRAZIE”. Faccio un respiro profondo e dico tra me e me: “FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA....”. No, la signorina che dà l’annuncio non c’entra nulla. Ma io questa mattina ho trovato il mio Mantra! “FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... “
“FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... “
“FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... “
Sto già meglio.
“FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... “
“FOTTxxx PUTTxxx OGNI MATTINA LA STESSA STORIA... “

domenica 31 ottobre 2010

Ma è tutto vero?


Scendo le scale che mi portano sulla banchina del treno. Tutto è pulito ed ordinato. Un addetto sta lucidando con uno straccio ed un detergente il corrimano della scala. Osservo un tabellone elettronico: tra due minuti passerà il mio treno e quello successivo passerà dopo altri cinque minuti. Sulla banchina ci sono misteriose linee rosse tracciate a terra e tutti attendono in fila indiana in corrispondenza di queste linee. Arriva il treno sul lato opposto. Si ferma con le porte esattamente in corrispondenza delle linee tracciate sulla banchina (ecco a cosa servivano!). Le persone aspettano l’uscita di chi deve scendere poi, ordinatamente e senza rompere la fila, salgono tutti.


Mi metto anche io in fila: se un sistema funziona, si fa presto ad adeguarsi. Il tabellone elettronico si aggiorna: manca solo un minuto all’arrivo del mio treno.


Poco più in là ad una ragazza cade il cono gelato. Tira fuori un fazzoletto di carta dalla borsa e pulisce il marciapiede. Il fazzoletto però non le è sufficiente. Si toglie il foulard e lo utilizza per completare la pulizia, poi lo mette in borsa! La banchina è tornata pulita come era prima. Il treno arriva. La porta si apre proprio davanti a me. Alcune persone scendono, poi i due ragazzi che avevo davanti salgono ed io dietro di loro (sembra banale?). I monitor presenti sul vagone mi informano che devo mettere lo squillo del cellulare in modalità silenziosa per evitare che la suoneria possa disturbare i vicini.


Mi dò un pizzicotto sulla guancia. Sento dolore, vuol dire che non sto sognando. Sono a Tokyo, una città incredibile. E’ l’anno 2010.

venerdì 22 ottobre 2010

Benvenuto

Caro viaggiatore,

casomai non l'avessi riconosciuta, quella che vedi sullo sfondo è la stazione di New York. La "Grand Central". Da essa partono decine e decine di binari verso tutte le destinazioni, sia locali che regionali che nazionali. Ma non è solo un network di ferro e traversine: è un luogo vivo, popolato di persone e cose e idee e commercio e arte. Insomma attività umane.
Anche in Italia ci sono stazioni così. Termini è uno di questi esempi. Altre stazioni si richiameranno in futuro a questo modello.

Ma ce ne sono tante altre che non sono così. Stazioni di treni locali, di metropolitane.

A quelle prestiamo la nostra attenzione e il nostro "amplificatore".
A tutte le persone che vi transitano notando con rammarico la scala mobile che non funziona mai, il bar squallido (quando c'è), la biglietteria mal funzionante, la folla sterminata e il treno in ritardo, le sedie divelte, i muri sporchi, l'illuminazione insufficiente, i soffitti permeabili alla pioggia, i secchi stracolmi, l'assenza di posti per le biciclette, le disfunzioni delle macchine per i biglietti, le barriere per i disabili.
Perché non della sola presenza dei carabinieri e dell'esercito si nutre il benessere dei cittadini. Una volta resa la stazione un posto praticabile (cioé sicuro), occorre renderlo anche pulito, efficiente e se possibile anche piacevole. Sembra rivoluzionario?

Si dirà: non ci sono soldi. Ma ci sono cose che non costano nulla, che vanno fatte da chi già percepisce uno stipendio per farle. E poi quella dei soldi che non ci sono è un'argomentazione che i cittadini non possono accettare: non continuiamo forse a pagare tasse altissime? Condizioni di viaggio adeguate sono un diritto e come tale va fatto valere dal viaggiatore.

So che sto parlando di cose che pensano in molti. Parliamone, allora, senza rassegnazione ma con idee, proposte, racconti e anche un po' di ironia perché no. Per fare della propria stazione una "piccola Grand Station" bisogna volerlo in tanti. La democrazia è fatta di numeri e i cittadini, quando si mettono insieme e quando sono in tanti, spesso possono far valere i propri punti di vista.

Buon viaggio.